Nuova sorprendente rivelazione di Hubble sull’Universo primordiale
Nuovi risultati dal Telescopio Spaziale Hubble (NASA/ESA) suggeriscono che la formazione delle prime stelle e galassie nell’universo primordiale abbia avuto luogo prima di quanto si riteneva precedentemente. Un team europeo di astronomi ha scoperto che non ci sono prove della prima generazione di stelle, note come stelle di Popolazione III, se si guarda indietro nel tempo a quando l’universo aveva solo 500 milioni di anni.
L’esplorazione delle prime galassie rimane una grande sfida nella moderna astronomia. Non sappiamo quando o come si siano formate le prime stelle e galassie nell’universo. A queste domande si può cercare di rispondere con l’Hubble Space Telescope mediante osservazioni di campo profondo. Hubble consente agli astronomi di osservare l’universo entro 500 milioni di anni dal big bang.
Un team di ricercatori europei, guidati da Rachana Bhatawdekar dell’ESA, si è prefisso di studiare la prima generazione di stelle nell’universo primordiale. Note come stelle di Popolazione III, queste stelle si sono formate dal materiale primordiale emerso dopo il big bang. Le stelle di Popolazione III dovevano essere composte solamente di idrogeno, elio e litio, gli unici eleementi ad esistere prima che i processi nei nuclei di queste stelle potessero creare elementi più pesanti, come ossigeno, azoto, carbonio e ferro.
Bhatawdekar e il suo gruppo hanno raccolto indizi sull’universo primordiale da circa 500 milioni a 1 miliardo di anni dopo il big bang studiando l’ammasso MACS J0416 e il campo vicino con l’Hubble Space Telescope. Altri dati a supporto sono stati raccolti con lo Spitzer Space Telescope della NASA e il Very Large Telescope dell’European Southern Observatory. “Non abbiamo trovato prove di queste stelle di Popolazione III in questo intervallo temporale cosmico” ha commentato Bhatawdekar a proposito dei nuovi risultati.
I risultati sono stati raggiunti utilizzando la Wide Field Camera 3 e l’Advanced Camera for Surveys dell’Hubble Space Telescope, all’interno del programma Hubble Frontier Fields. Questo programma, che ha osservato sei ammassi galattici lontani dal 2012 al 2017, ha prodotto le osservazioni più profonde mai effettuate di ammassi galattici e galassie situate dietro di essi, che sono ingrandite dall’effetto di lente gravitazionale, rivelando quindi galassie da 10 a 100 volte più deboli di quelle precedentemente osservate. Le masse degli ammassi galattici in primo piano sono sufficientemente importanti da piegare ed ingrandire la luce proveniente dai corpi più lontani dietro di essi. Questo consente ad Hubble di utilizzare queste lenti di ingrandimento cosmiche per studiare oggetti che sono oltre le sue capacità operative nominali.
Bhatawdekar e il suo team hanno sviluppato una nuova tecnica che rimuove la luce dalle galassie in primo piano che fungono da lenti gravitazionali. Questo ha permesso loro di scoprire galasse con masse minori di quelle precedentemente osservate con Hubble, ad una distanza corrispondente a quando l’universo aveva un’età inferiore al miliardo di anni. A questo punto della scala temporale cosmica, la mancanza di prove di popolazioni stellari esotiche e l’identificazione di molte galassie di piccola massa supporta l’ipotesi che queste galassie siano i candidati più probabili per la reionizzazione dell’universo. Questo periodo di reionizzazione nell’universo primordiale è quando il mezzo intergalattico neutro è stato ionizzato dalle prime stelle e galassie”.
“Questi risultati hanno profonde conseguenze astrofisiche poichè mostrano che le galassie si devono essere formate prima di quanto precedentemente si pensava” ha detto Bhatawdekar. “Questo supporta anche l’idea che le galassie poco luminose e di piccola massa nell’universo primordiale siano responsabili della reionizzazione”.
Questi risultati suggeriscono anche che la prima formazione di stelle e galassie sia avvenuta molto prima dell’intervallo temporale che può essere indagato con l’Hubble Space Telescope. Viene lasciata quindi aperta un’area di ricerca molto emozionante per il James Webb Space Telescope (NASA/ESA/CSA), per lo studio delle prime galassie dell’universo.
I risultati qui presentati si basano su un articolo del 2019 di Bhatawdekar et al. e un articolo che verrà pubblicato sil prossimo numero del Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (MNRAS).